CIAO A TUTTI E GRAZIE
Don Domenico rintra in Italia e, dall'11 settembre, farà il parroco a Montello ( Bergamo)
I sei anni di servizio alla chiesa locale in Bruxelles con mandato per la Pastorale Italiana sono giunti al termine: si rientra in Italia nella mia Diocesi di Bergamo. Si concludono 20 anni trascorsi insieme a diverse comunità italiane nel mondo condividendo la vita con molti emigranti, espatriati, in mobilità o occupandomi di loro nelle strutture di chiesa create per i migranti e la gente in mobilità. E’ un lungo periodo della mia vita dove la mobilità è stata assunta come modalità su cui coniugare tempo, lavoro, relazioni, progetti, pastorale e la stessa mia esistenza.
Sono stati vent’anni dove ho potuto mettere mano a sfide interessanti che mi hanno cambiato in positivo, come:
- sapersi limitare per dare spazio a persone di altra cultura e provenienza.
- presentarsi con basso profilo a chi abita un paese chiedendo “permesso” perché vi si faccia posto e si venga accettati così come si è.
- rispettare per conoscere e stimare la storia, la cultura, lingua, tradizioni di chi ci abita per godere dell’organizzazione e del benessere a cui hanno lavorato con fatica e intelligenza.
- Amare la chiesa locale con la sua storia, i suoi santi, le sue fatiche, i suoi sbagli da farsi perdonare.
-star bene indossando con dignità i panni dello straniero e del migrante, perché si viene d’altrove e si conosce sulla propria pelle il partire dalla tua terra materna e installarsi, anche solo temporaneamente, in contesti che hanno molte diversità. Si riconosce il coraggio di chi lotta per adattarsi al meglio in una terra non sua e compie lo sforzo per amarla collaborando al bene comune. E in questo mi sono da esempio le migliaia di Italiani immigrati in Belgio nei decenni scorsi che ho incrociato in diversi momenti belli o dolorosi della vita. Si mette a fuoco la propria identità per non tagliare le radici e crescere come un albero che sa intrecciare con altri i rami, il gusto della coabitazione, della collaborazione, del dialogo e della convivialità.
- Si impara a stimare il diverso e lo si guarda con simpatia perché si comprende la loro fatica. Perché fa troppo bene il sentirsi accolti senza pregiudizi e si apprende così ad accogliere gli altri mettendoci dentro il calore del mare e del caldo del Sud.
- Qui, si nota con stupore il parlare sottovoce, uno alla volta, la tolleranza con chi è “altro”, il confronto pacato e rispettoso delle idee e si apprende a parlare meno forte, a controllare la veemenza spontanea ed emotiva, si evita lo scontro violento e ci si propone senza più imporsi o rivendicando con aggressione diritti. Si apprezza il cantare in coro piuttosto che puntare a cantare da solisti.
- poi ci si fa una ragione dell’età che avanza e si riflette come investirci nell’ultimo tratto da “senior” che ha tagliato il traguardo dei 60 anni.
- ci si sente ancora forti per iniziare nuove relazioni inserendosi nel cammino di una comunità diversa, nuova, in evoluzione e si prova ad adattare il passo con i componenti di questa nuova famiglia che ti accoglie.
- Si dice di nuovo e con serenità il “sì” alla Chiesa locale in Bergamo che ti ha chiamato ed eletto al sacerdozio ministeriale, accettando con fiducia il nuovo mandato del Vescovo.
- i 20 anni di estero hanno allenato gli occhi nel riconoscere i buoni servizi e i molti doni che laici, agenti pastorali, diaconi, religiosi, consacrate e preti assicurano alla comunità di persone cristiane e non e pertanto non fa troppa paura l’inserirsi nella storia vivace o meno di una parrocchia che saprà accogliere il prete aiutandolo ad usare bene il suo carisma di facilitatore della comunione nelle diversità.
- Al prete resterà sempre il servizio di indicare a se stesso e agli altri la direzione della patria vera della comunione con Dio padre verso cui stiamo camminando tutti, in compagnia di Gesù Cristo e con il forte sostegno del suo Spirito.
Grazie per la molta amicizia e simpatia ricevuta. Perdonatemi le esuberanze e le negligenze. Ricorderò volentieri e con riconoscenza questo tempo di grazia.
d. Domenico
I sei anni di servizio alla chiesa locale in Bruxelles con mandato per la Pastorale Italiana sono giunti al termine: si rientra in Italia nella mia Diocesi di Bergamo. Si concludono 20 anni trascorsi insieme a diverse comunità italiane nel mondo condividendo la vita con molti emigranti, espatriati, in mobilità o occupandomi di loro nelle strutture di chiesa create per i migranti e la gente in mobilità. E’ un lungo periodo della mia vita dove la mobilità è stata assunta come modalità su cui coniugare tempo, lavoro, relazioni, progetti, pastorale e la stessa mia esistenza.
Sono stati vent’anni dove ho potuto mettere mano a sfide interessanti che mi hanno cambiato in positivo, come:
- sapersi limitare per dare spazio a persone di altra cultura e provenienza.
- presentarsi con basso profilo a chi abita un paese chiedendo “permesso” perché vi si faccia posto e si venga accettati così come si è.
- rispettare per conoscere e stimare la storia, la cultura, lingua, tradizioni di chi ci abita per godere dell’organizzazione e del benessere a cui hanno lavorato con fatica e intelligenza.
- Amare la chiesa locale con la sua storia, i suoi santi, le sue fatiche, i suoi sbagli da farsi perdonare.
-star bene indossando con dignità i panni dello straniero e del migrante, perché si viene d’altrove e si conosce sulla propria pelle il partire dalla tua terra materna e installarsi, anche solo temporaneamente, in contesti che hanno molte diversità. Si riconosce il coraggio di chi lotta per adattarsi al meglio in una terra non sua e compie lo sforzo per amarla collaborando al bene comune. E in questo mi sono da esempio le migliaia di Italiani immigrati in Belgio nei decenni scorsi che ho incrociato in diversi momenti belli o dolorosi della vita. Si mette a fuoco la propria identità per non tagliare le radici e crescere come un albero che sa intrecciare con altri i rami, il gusto della coabitazione, della collaborazione, del dialogo e della convivialità.
- Si impara a stimare il diverso e lo si guarda con simpatia perché si comprende la loro fatica. Perché fa troppo bene il sentirsi accolti senza pregiudizi e si apprende così ad accogliere gli altri mettendoci dentro il calore del mare e del caldo del Sud.
- Qui, si nota con stupore il parlare sottovoce, uno alla volta, la tolleranza con chi è “altro”, il confronto pacato e rispettoso delle idee e si apprende a parlare meno forte, a controllare la veemenza spontanea ed emotiva, si evita lo scontro violento e ci si propone senza più imporsi o rivendicando con aggressione diritti. Si apprezza il cantare in coro piuttosto che puntare a cantare da solisti.
- poi ci si fa una ragione dell’età che avanza e si riflette come investirci nell’ultimo tratto da “senior” che ha tagliato il traguardo dei 60 anni.
- ci si sente ancora forti per iniziare nuove relazioni inserendosi nel cammino di una comunità diversa, nuova, in evoluzione e si prova ad adattare il passo con i componenti di questa nuova famiglia che ti accoglie.
- Si dice di nuovo e con serenità il “sì” alla Chiesa locale in Bergamo che ti ha chiamato ed eletto al sacerdozio ministeriale, accettando con fiducia il nuovo mandato del Vescovo.
- i 20 anni di estero hanno allenato gli occhi nel riconoscere i buoni servizi e i molti doni che laici, agenti pastorali, diaconi, religiosi, consacrate e preti assicurano alla comunità di persone cristiane e non e pertanto non fa troppa paura l’inserirsi nella storia vivace o meno di una parrocchia che saprà accogliere il prete aiutandolo ad usare bene il suo carisma di facilitatore della comunione nelle diversità.
- Al prete resterà sempre il servizio di indicare a se stesso e agli altri la direzione della patria vera della comunione con Dio padre verso cui stiamo camminando tutti, in compagnia di Gesù Cristo e con il forte sostegno del suo Spirito.
Grazie per la molta amicizia e simpatia ricevuta. Perdonatemi le esuberanze e le negligenze. Ricorderò volentieri e con riconoscenza questo tempo di grazia.
d. Domenico