GRAZIE CARDINAL MARTINI

Stanno celebrando il funerale di Carlo Maria Martini. Un profeta ed un pastorale, che è stato un grande dono di Dio per tutta la Chiesa. La fondazione Migrantes nella sua agenzia migrantesonline ha pubblicato un suo intervento del 2001 sui temi della migranzione. ne proponiamo uno stralcio.
 
"Riguardo alla situazione, la presenza degli stranieri tra noi, pur con tutti i progressi compiuti, non è ancora ben assimilata e nemmeno ben tollerata. Vi sono delle reazioni negative comprensibili, dovute a momenti particolarmente drammatici: per esempio, quando gli stranieri commettono dei reati. In questi casi l'orrore e il rifiuto sono giustificabili, come pure la domanda di legalità e di difesa dell'ordine pubblico è più che legittima.
Ma, al di là di tali circostanze, permane nella gente un timore e una diffidenza verso gli stranieri.Quali sono dunque gli sviluppi prevedibili della situazione attuale, in particolare per gli stranieri extracomunitari che fanno più fatica a essere integrati? In proposito si parla molto dell'Islam e delle probabilità maggiori o minori che ha di integrarsi con la nostra cultura e le nostre tradizioni. A mio avviso siamo di fronte a tre ipotesi possibili: secolarizzazione, integralismo, integrazione.
* C'è l'ipotesi di una secolarizzazione o omogenizzazione dei nuovi venuti che accettano la modernità europea, con il suo scetticismo, il suo individualismo, il suo indifferentismo, e abbandonano a poco a poco le tradizioni d'origine mescolandosi con l'ambiente circostante.
* L'ipotesi contraria è quella del costituirsi di ghetti, di luoghi di chiusura e di resistenza, in cui si conservino rigidamente le tradizioni e la coscienza della propria estraneità, magari con la prospettiva ''medicale", di una conquista graduale del territorio, grazie soprattutto alla crescita della natalità.
* Una terza ipotesi possibile è quella di una integrazione graduale e progressiva, nel rispetto dell'identità e nel quadro della legalità e della cultura del paese ospitante.
Non sappiamo quale di queste prospettive si realizzerà, e molto dipende anche da noi. Mi pare tuttavia che la terza ipotesi sia l'unica accettabile. E' una prospettiva ardua, per la quale occorre operare non solo nel quadro del superamento delle paure, non solo nel quadro della legalità, ma con una pedagogia che insista specialmente sui bambini e sui ragazzi, figli degli immigrati, dal momento che sono più facilmente adattabili alle situazioni nelle quali vivono.
Rimane la domanda più specificamente religiosa, la domanda sul mandato di Gesù: "Andate e predicate il Vangelo".
Nel confronto che siamo tenuti ad avere con le altre religioni e culture, quanto c'è ancora della forza evangelizzatrice che avevano i primi cristiani?
La risposta va articolata. Vi sono, infatti, gli immigrati cristiani (circa la metà), in parte cattolici e in parte ortodossi, che stanno già portando un'iniezione di vitalità e di generosità nelle nostre parrocchie e nei loro luoghi di culto; basta partecipare ad alcune delle loro feste per rendersene conto.  Penso al Natale dei copti ortodossi originari dell'Egitto, ad alcune celebrazioni vissute con la comunità filippina, molto fervente, profondamente cattolica, e a celebrazioni solennissime di comunità latino-americane, come i peruviani.
La domanda sull'evangelizzazione non riguarda quindi lo straniero in genere, bensì i non cristiani, in maniera speciale l'Islam. E al riguardo rispondo ricordando anzitutto la parola di san Paolo: ''Guai a me se non evangelizzo" (1Cor 9,16). Il cristiano è sempre tenuto a testimoniare la sua fede ovunque e a chiunque, tenendo ovviamente conto della diversità delle situazioni e della molteplicità degli approcci. Bisogna per questo evangelizzare col Vangelo della carità, dell'accoglienza e anche col Vangelo della pazienza. E' la prima testimonianza che rende presente il Dio che amiamo.
C'è poi l'evangelizzazione fatta col Vangelo della vita, vivendo l'onestà, la sincerità, la trasparenza nei rapporti di lavoro, l'accoglienza e la mutua fiducia.
Infine, il Vangelo della parola, che può essere particolarmente arduo da annunciare in certe circostanze. Sarà necessario cominciare togliendo i pregiudizi, chiarendo le idee sbagliate, crescendo nella conoscenza reciproca. Non dobbiamo però mai tralasciare di proporre la verità, in cui crediamo e che amiamo, nella maniera più adeguata alle singole situazioni, cioè nei tempi e nei modi opportuni.
Concludo riferendomi al racconto di Luca dei dieci lebbrosi guariti da Gesù, di cui soltanto uno, lo straniero, ritorna a ringraziarlo; e Gesù, stupito e amareggiato, domanda: "Non sono forse stati guariti tutti e dieci? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?'' (17, 17-18). Noi ci troviamo più volte tra i nove che non sanno ringraziare, non sanno apprezzare il dono della fede perché lo ritengono quasi ovvio e scontato, e che hanno dunque perso qualcosa della forza evangelizzatrice dei primi cristiani.
La presenza crescente di stranieri nel nostro paese è davvero un'occasione provvidenziale per noi di ritornare indietro da Gesù, di guardare alla nostra origine, al nostro battesimo, al dono della fede. Se ci lasceremo invadere dalla gratitudine per tanto dono e lo vedremo bello ed entusiasmante per noi stessi, sarà più facile farlo comprendere e trasmetterlo ad altri".

Dal 1986 al 1993 il card. Martini e' stato presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee). Sono stati innumerevoli gli incontri europei che lo hanno visto guida e maestro sui diversi temi pastorali'':  il cardinale aveva a cuore l'edificazione di un'Europa ''famiglia di nazioni e aperta agli altri Continenti''.
Una ''Europa dello spirito'', nella quale ''vengano riscoperti e riproposti per l''oggi i valori che l'hanno modellata lungo tutta la sua storia'' ribadendo cosi' la necessita' di ''ritornare, con fedelta' creativa, a quelle radici cristiane che hanno positivamente segnato la storia europea''. 

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