5 - LA' TUTTI SIAMO NATI !

TEMPI FORTI IN TERRA SANTA

Non sto qui per raccontarvi in dettaglio tutto quanto abbiamo fatto durante gli otto giorni di pellegrinaggio: ci vorrebbero molte pagine! Mi fermerò soltanto ad alcuni momenti che ho vissuto con particolare intensità e che custodisco ora nella memoria del cuore.
Primo momento forte : Nazareth. Naturalmente, la celebrazione dell’eucaristia di fronte alla casa della Madonna era una esperienza forte. Ma ciò che mi colpì di più fu l’ultima sera, la preghiera del Rosario attorno alla basilica. Viene introdotto il primo mistero gioioso: “L’angelo Gabriele porta l’annuncio alla Vergine Maria, qui a Nazareth”. Ancora più della visita dei luoghi venerati, queste poche parole mi toccano il cuore: sì, proprio nel luogo in cui sto pregando con centinaia di cristiani da tutte le parti del mondo, proprio qui è cominciato tutto. Il “sì” della Madonna è all’origine della fede di tante generazioni di cristiani fino ad oggi! E di sentire le stesse parole dell’angelo Gabriele “Ave Maria, piena di grazia...” ripetute dieci volte anche in cinese! Davvero, Cristo è stato annunciato e creduto in tutte le nazioni: tutto attorno alla basilica, decine di mosaici rappresentano l’Annunciazione come viene percepita dagli artisti di tutti i paesi del mondo. Quella notte a Nazareth, ci sentiamo tutti umili, fratelli, membri di una immensa famiglia.
Secondo momento: il monte Tabor, posto bellissimo, verdeggiante, fiorito, splendente sotto il sole. “Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende”. E di fatti, sorgendo tra gli alberi, la forma di queste tre tende viene evocata dalla facciata della basilica, probabilmente la più riuscita dell’architetto Barluzzi. Non ho avuto in quel momento l’esperienza personale della Trasfigurazione di Gesù ma ho capito che egli abbia voluto portare Pietro, Giacomo e Giovanni proprio in quel posto per farli testimoni della sua gloria. Una giovane comunità, fondata in Italia, ci ha preparato un ottimo pranzo italiano: il loro servizio di accoglienza contribuisce a fare di quel luogo un luogo dove “è bello stare”.
Un altro monte costituisce il terzo momento: il monte delle Beatitudini. Qui mi è data la grazia di presiedere la celebrazione eucaristica. Siamo in un anfiteatro all’aperto. Basta poca immaginazione per vedere Gesù che predica alle folle. Il momento del vangelo è il più emozionante: proclamare in questo luogo le sue stesse parole: “Beati i poveri in spirito... beati i miti... beati gli operatori di pace...” Ci sentiamo una comunità unita, fondata sulla parola sempre viva di Gesù.
A Betlemme, quello che mi ha colpito di più non è tanto la messa di Natale nel campo dei pastori (nel freddo e sotto la pioggia) nemmeno l’antica basilica sorta sul luogo della nascita di Gesù bambino, bensì quell’ospedale, il “Caritas Baby Hospital” fondato nel 1952 proprio in quella stessa città, perché nessun bambino fosse più escluso dalle cure mediche. Il fondatore, Padre Ernst Schnydrig, dopo aver assistito, un 24 dicembre, alla messa di mezzanotte, aveva incontrato un padre di famiglia disperato, che stava per seppellire nel fango di un campo di profughi palestinesi il corpo senza vita del suo bimbo. In quel momento Padre Schnydrig capì la missione che gli veniva affidata dal Signore e si adoperò per affittare una casa che accolse all’inizio quindici lettini: fu il punto di partenza dell’attuale ospedale per bambini, una struttura moderna che conta oggi 82 lettini con vari servizi, inclusa una scuola per infermiere. Davvero senza quella visita ai bambini dell’odierna Betlemme, il nostro pellegrinaggio sul luogo della nascita di Gesù sarebbe rimasto incompleto.
Un altro momento notturno: la visita di Gerusalemme di notte con una sosta al “muro del pianto”. Ammirazione per quell’opera colossale di architettura, che era soltanto il muro di sostegno all’immensa spianata del tempio. Ma ben più mi colpisce, lungo l’antichissimo muro, la testimonianza degli Ebrei in preghiera: di ogni età, eredi di una fedeltà più antica della nostra, i nostri fratelli maggiori leggono ad alta voce, pregano con tutto il corpo, le parole del Libro.

Ultimo momento: Gerusalemme, basilica del Santo Sepolcro. Sto in fila per entrare nel sepolcro di Gesù. Una fila lunga, una attesa lunghissima...! Sto esitando: rimanere nella fila? Ce la farò ad entrare prima della messa prevista alle ore sette? I miei piedi, le mie gambe gridano pietà. Ma questa basilica non include pure il Golgotha? Come posso, in tale luogo, lamentarmi delle mie piccolissime sofferenze? E poi, rinunciare a venerare il luogo più santo della nostra fede, dopo aver aspettato tanti anni per venire qua? Aspetterò dunque, con pazienza. Dopo due ore, è venuto il mio turno. Possono entrare cinque persone alla volta, perché il sepolcro si compone di due ambienti. Il secondo, che contiene la tomba di Cristo, non può accogliere più di due persone. Inginocchiandomi e ponendo le labbra sulla pietra che copre la tomba, penso a Pietro e a Giovanni la mattina di Pasqua: “vide e credette”. Sì, questo pellegrinaggio è stato una esperienza intensa del vedere – con gli occhi del corpo e con quelli della fede – e mi sento confermato, rafforzato nel credere in Gesù di Nazareth, crocefisso e risorto. “È risorto, non è qui”, dice l’angelo alle donne. Nondimeno abbiamo potuto seguire i suoi passi nella sua terra.

P. Roberto

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