QUARESIMA:BUON CAMMINO
Iniziamo i 40 giorni di cammino verso la Pasqua incoraggiati dal messaggio di Papa Francesco
SI È FATTO POVERO PER ARRICCHIRCI
CON LA SUA POVERTÀ (cfr 2 Cor 8,9)
Cari
fratelli e sorelle,
in
occasione della Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché possano servire
al cammino personale e comunitario di conversione. Prendo lo spunto
dall’espressione di san Paolo: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro
Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste
ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). L’Apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto per
incoraggiarli ad essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si
trovano nel bisogno. Che cosa dicono a noi, cristiani di oggi, queste parole di
san Paolo? Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in
senso evangelico?
La grazia di Cristo
Anzitutto
ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e
della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da
ricco che era, si è fatto povero per voi…». Cristo, il Figlio eterno di Dio,
uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a
noi, si è fatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per
rendersi in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione di tutto questo
è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e
non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è
condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea
uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù,
infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha
agito con volontà d’uomo, ha amato con
cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi,
in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).
Lo
scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo
– «...perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta
di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi
della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della
Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come
l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico.
Non è questo l’amore di Cristo! Quando Gesù scende nelle acque del Giordano e
si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di
penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di
perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. E’
questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra
miseria. Ci colpisce che l’Apostolo dica che siamo stati liberati non per mezzo
della ricchezza di Cristo, ma per mezzo della sua povertà. Eppure san Paolo
conosce bene le «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8), «erede di tutte le cose» (Eb 1,2).
Che
cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio
il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che
si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada (cfr Lc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà,
vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di
condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il
suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la
misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza:
Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in
ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco
come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un
istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo
essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana
di questo Messia povero. Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo
“giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua “ricca povertà” e “povera
ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a
diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).
È
stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi (L. Bloy); potremmo anche dire che vi è
una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo.
La nostra
testimonianza
Potremmo
pensare che questa “via” della povertà sia stata quella di Gesù, mentre noi,
che veniamo dopo di Lui, possiamo salvare il mondo con adeguati mezzi umani.
Non è così. In ogni epoca e in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e
il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti,
nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio
non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso
la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.
Ad
imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le
miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente
per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà
senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi
di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La
miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca
quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei
diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le
condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita
culturale. Di fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua
diakonia, per andare incontro ai bisogni e guarire queste piaghe che deturpano
il volto dell’umanità. Nei poveri e negli ultimi noi vediamo il volto di
Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno
si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della
dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono
all’origine della miseria. Quando il potere, il lusso e il denaro diventano
idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle
ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla
giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.
Non
meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del
vizio e del peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei
membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco,
dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono
prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone
sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza
di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la
mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In
questi casi la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente. Questa
forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla
miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo
il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende
la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di
fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera.
Il
Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è
chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono
del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama
gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna.
Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di
misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa
buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori
affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta
di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il
pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui
possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione
umana.
Cari
fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e
sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e
spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore
del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo
farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e
ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la
spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine
di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la
vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione
penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole.
Lo
Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire
molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10),
sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la
responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori
di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni
credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario
quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la
Madonna vi custodisca.
Dal Vaticano, 26 dicembre 2013