Il RIM presentato in Belgio
Presentato a
Bruxelles il Rapporto "Italiani nel mondo 2013"
Hanno poi concluso il dibattito due sacerdoti, il decano Eric Vancraeynest, delegato vicariale per le comunità cattoliche straniere in Belgio e Mons. Battista Bettoni. Questi ha sottolineato l'urgenza di creare dei ponti tra vecchia e nuova emigrazione, ha fatto riferimento al fenomeno della doppia emigrazione, cioè stranieri, come marocchini e africani, che hanno acquisito la cittadinanza italiana e poi sono stati costretti ad emigrare per l'impossibilità di trovare lavoro in Italia, e drbbono affrontare difficoltà anche superiori a quelle degli altri italiani.
Dal canto suo, il decano padre Vancraeynest ha affrontato un tema molto stimolante: quello della tendenza degli emigrati a raggrupparsi tra di loro in base alla nazionalità, e del tempo necessario perchè si inseriscano, anche nelle pratiche religiose, nella comunità che li ha accolti. Un processo inevitabile, che richiede in genere che passi qualche generazione prima che si realizzi. Tre cose si fanno sempre nella propria lingua natale, cioè contare, sognare e pregare, ma occorre a un certo punto immergersi nella realtà estranea che ci circonda.
Per concludere, non va dimenticato il breve filmato che ha preceduto la conferenza: una sintesi di oltre un secolo di emigrazione italiana, con le musiche del bravo Giacomo Lariccia.
E' difficile condensare in
poche righe il contenuto e soprattutto lo spirito di un volume di cinquecento
pagine, redatto da cinquanta autori e arricchito da una serie impressionante di
cifre e statistiche. Ma dobbiamo dire che i presentatori del libro, che a
Bruxelles ne hanno illustrato la sostanza e le voci principali, sono pienamente
riusciti, nel tempo limitato di una presentazione pubblica, a illustrare il
filo conduttore che attraversa un testo cosi' complesso e variegato. Per capire
la complessità della tematica dell'emigrazione italiana basterà ricordare le sette
sezioni in cui è strutturato il volume: flussi e presenze; lingua, cultura e
italianità; politica, lavoro, economia e made in Italy; fede e orientamenti
pastorali; studi di caso; indagini e ricerche, e infine gli allegati
statistici.
In particolare, il Direttore
Generale della Fondazione Migrantes, Mons. Gian Carlo Perego, ha sottolineato i tre temi che sono alla base
delle varie sezioni del Rapporto e ne
costituiscono l'asse portante: la transnazionalità, cioè la ricerca di una
collaborazione con l'estero per poter sfruttare le potenzialità offerte da
studiosi stranieri con un'ottica più vasta di quella solo nazionale; la multidisciplinarietà,
per illustrare l'attuale fenomeno di una mobilità sempre crescente attraverso
varie discipline come la storia, la geografia, l'economia, la sociologia ed
altre scienze; infine, l'attenzione alla persona, per non ridurre il fenomeno
emigratorio ad un semplice fatto statistico o economico, ma per mettere
l'accento sulla vita, la storia, le difficoltà delle singole persone nel gran
flusso dei movimenti migratori.
Al riguardo, Mons. Perego ha
citato delle grandi personalità che si sono occupate degli emigrati italiani
nel mondo, in particolare Santa Francesca Saverio Cabrini (1850-1917), la "Madre
degli emigrati italiani in America", come è stata definita, attiva
soprattutto per le donne, che sono spesso le maggiori vittime si situazioni di
povertà e disagio, e fondatrice si scuole e ospedali. Inoltre, un altro esempio
di vita dedicata allo studio e all'apostolato tra gli emigrati italiani in
Germania, è quello di padre Federico Lombardi, grande comunicatore, con
"la vocazione di parlare per annunciare il Vangelo" come amava
descriversi. E Mons. Perego ha citato anche il più attuale e carismatico dei
figli di emigranti italiani, cioè Papa Francesco, la cui famiglia, di origine
piemontese, ha vissuto in Argentina tutta la trafila tipica degli italiani
sbarcati là negli anni venti.
Nella parte conclusiva del suo
discorso Mons. Perego ha citato i problemi di più bruciante attualità, come la
disoccupazione giovanile e la conseguente spinta verso la mobilità
internazionale, anche nel quadro di programmi come l'Erasmus; i centoventimila
profughi abarcati negli ultimi anni a Lampedusa; i problemi burocratici anche a
livello consolare; l'informazione che nel novanta per cento dei casi stabilisce
l'equiparazione immigrato uguale a criminale; la doppia nazionalità; la
cittadinanza dei figli di immigrati nati in Italia, il diritto di voto e molti
altri aspetti che richiederebbero, secondo l'oratore, una maggiore sensibilità
e interesse da parte di tutti, in particolare dei mass media.
Delfina Licata, la caporedattrice
del Rapporto, si è soffermata sulla struttura e i punti principali dello
stesso, in particolare sul fenomeno dell'inversione di tendenza (per la prima
volta dal 1973 ci sono in Italia più emigrati che immigrati) e sulle rotte, in
particolare verso il Brasile e l'Australia, percorse da questo grande flusso di
italiani che lasciano la patria. Ha citato anche un fenomeno nuovo, quello
degli anziani pensionati che si trasferiscono in paesi dove il costo della vita
è molto inferiore rispetto all'Italia.
Le singole esperienze di vita
vissuta sono state illustrate da Alberto Toso, come rappresentante dei giovani
assistenti parlamentari al Parlamento europeo, e in genere di tutti i giovani
che hanno scelto la mobilità per migliorare la propria condizioni di vita, o
più semplicemente per trovare un lavoro e uscire dalla disoccupazione. Poi un
artista, Giacomo Lariccia, ha citato la definizione di "giovani dai piedi
leggeri", per sostituire quella ormai abusata di "fuga dei
cervelli", per definire il dinamismo di giovani attirati da una mobilità
internazionale non limitata a un solo paese, per fare sempre nuove esperienze
professionali.Hanno poi concluso il dibattito due sacerdoti, il decano Eric Vancraeynest, delegato vicariale per le comunità cattoliche straniere in Belgio e Mons. Battista Bettoni. Questi ha sottolineato l'urgenza di creare dei ponti tra vecchia e nuova emigrazione, ha fatto riferimento al fenomeno della doppia emigrazione, cioè stranieri, come marocchini e africani, che hanno acquisito la cittadinanza italiana e poi sono stati costretti ad emigrare per l'impossibilità di trovare lavoro in Italia, e drbbono affrontare difficoltà anche superiori a quelle degli altri italiani.
Dal canto suo, il decano padre Vancraeynest ha affrontato un tema molto stimolante: quello della tendenza degli emigrati a raggrupparsi tra di loro in base alla nazionalità, e del tempo necessario perchè si inseriscano, anche nelle pratiche religiose, nella comunità che li ha accolti. Un processo inevitabile, che richiede in genere che passi qualche generazione prima che si realizzi. Tre cose si fanno sempre nella propria lingua natale, cioè contare, sognare e pregare, ma occorre a un certo punto immergersi nella realtà estranea che ci circonda.
Per concludere, non va dimenticato il breve filmato che ha preceduto la conferenza: una sintesi di oltre un secolo di emigrazione italiana, con le musiche del bravo Giacomo Lariccia.
Gianluigi Comini