DOSSIER IMMIGRAZIONE

Il 22° DOSSIER IMMIGRAZIONE presentato il 30 ottobre scorso a Roma. "Non sono numeri" è lo slogan che fa da cornice a questa analisi redatta dalla cooperativa Idos e commissionata da Caritas/Migrantes d'Italia.

Una Chiesa “che cammina con gli uomini”. Questa la prospettiva ecclesiologica del Concilio Vaticano II ricordata da mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes in occasione della presentazione a Roma del 22°Dossier Statistico Immigrazione 2012, pubblicato da Caritas italiana e Fondazione Migrantes. Un cammino che va però rivisto alla luce di una nuova mentalità che veda nell’immigrazione un fattore di opportunità e non un limite per il Paese ospitante. Occorre, infatti tenere a mente che dietro ogni immigrante non c’è solo un numero, ma una persona, con una sua storia e una sua dignità. Da qui la scelta del titolo “Non solo Numeri” inspirata alle parole del Santo Padre in occasione della 98 Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Integrazione e cooperazione. “ “Non solo numeri – ha ribadito il ministro per la Cooperazione internazionale, Andrea Riccardi
, intervenuto nel corso della presentazione del Dossier- ma anche passione civile, perché se perdiamo questo, i numeri non servono a niente”. Al centro quindi dell’impegno di tutti deve essere posta la dignità umana e il rispetto dei diritti umani, anche “per superare gli stereotipi che tendono a fornire una visione in negativo del fenomeno migratorio”. “Basta parlare di invasioni barbariche, occorre liberarsi – ha sottolineato il ministro – dalla logica emergenziale: come si rileva da questi dati, e da quelli Istat, assistiamo infatti a una fase di stabilizzazione dei migranti nel nostro Paese”. Ma per far questo bisogna investire nell’integrazione “che non va invocata, ma costruita”, perché “gli immigrati – ha rilevato – vanno percepiti non come un problema, ma come un’opportunità, poiché senza di loro non si potrà parlare di crescita”. Purtroppo, invece, in Italia gli immigrati “si sentono ancora stranieri e sempre più spesso decidono di trasferirsi in un altro Paese”. “Gli immigrati hanno bisogno di noi come noi di loro” e non basta impegnarsi sul piano dell’integrazione, occorre dare il nostro contributo “anche per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo nei loro Paesi d’origine”. “Favorire quindi l’integrazione, ma anche porre le condizioni per farsì che in futuro siano sempre meno le persone costrette a fuggire dalla loro terra perché vittime di povertà, violenza e precarietà”.

Dai dati alle prospettive future. Ma qual è la funzione di questo Dossier 2012? Si tratta, ha spiegato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, di “uno strumento per recepire la prospettiva conciliare, per valorizzare la diversità, per costruire una nuova cittadinanza, per superare paure e discriminazioni, per promuovere la libertà e la dignità delle persone migranti”. Un’analisi dalla quale emerge tra l’altro il ruolo chiave degli immigranti per “evitare il collasso demografico”, come ha sottolineato mons. Paolino Schiavon
, presidente ad interim della Fondazione Migrantes. Questo dato di fatto “non solo merita da noi riconoscenza, ma ci invita anche a essere coerenti, allargando i confini della geografia e del cuore - confini che siamo chiamati, non a restringere sulla misura del nostro benessere, dei nostri privilegi - bensì ad allargare, nella misura del possibile, con l’accoglienza, l’ospitalità, con la buona cittadinanza offerta anche a chi viene da lontano”.

Quale cittadinanza? Il tema dell’immigrazione inevitabilmente ha portato il dibattito su nodo cruciale della politica italiana: il problema della cittadinanza. Attualmente, infatti, pur riscontrando un elevato numero di immigrati, il governo italiano rilascia ogni anno un numero limitato di cittadinanze. Come hanno sottolineato però i relatori intervenuti, la cittadinanza rappresenta il prerequisito imprescindibile per ottenere integrazione e stabilità. “La cittadinanza – ha rilevato Shqiponja Dosti, mediatrice culturale albanese - è e deve essere un bene comune, un bene che possa caratterizzare ogni persona e ogni società in maniera profonda e responsabile. Essere cittadini vuol dire sentirsi parte importante della nazione nella quale si decide di vivere, sentirsi ascoltati e degni di considerazione per quello che si è e si fa”. Gli immigrati vanno quindi percepiti come “persone disposte a impegnarsi, ma – ha messo in rilievo Franco Pittau, coordinatore del Dossier - bisognose di essere riconosciute nella loro dignità dagli italiani e sollecitate a lavorare insieme”. Tanto più che l’Italia non può dimenticarsi che prima ancora di essere Paese ospitante, è stato “ospitato”, come ci ricordano i circa 30 milioni di espatriati nell’ultimo secolo. L’immigrazione rappresenta, infine, un test di prova che ci accredita a livello europeo e mondiale – ha concluso Pittau – ed è per questo che non possiamo più permetterci di stare in bilico e cadere in contraddizione, ma tutti quanti dobbiamo fornire il nostro contributo per sensibilizzare l’opinione pubblica verso un’apertura nei confronti degli immigrati”. (da SIR www.agensir.it )

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