GLI EMIGRATI ITALIANI NON INTERESSANO PIU'?

Tour di 10 giorni visitando alcune comunità della Sicilia per salutare gli emigranti di ritorno in paese per le vacanze, ma ... che non ci sono più! Appunti e riflessioni

Il progetto
Il progetto di una visita in Sicilia nacque dall’invito, più volte espresso, dagli amici siciliani che vivono a Bruxelles: “Don Domenico venga giù in Sicilia, ci farebbe piacere che venisse a passare qualche giorno da noi. Non ci sono problemi di alloggio, ci pensiamo noi! Le presentiamo i nostri ‘parrini’, cioè i nostri preti”.
Questi generosi inviti trovarono finalmente la decisione di organizzare questo tour.
Alcuni elementi mi sembrarono importanti: rendere visita agli amici che mi invitavano, conoscendo i loro parenti e prendendo un caffè in casa loro. Ma non volevo rinunciare ad incontrare i parroci delle località che avrei visitato, conoscere la storia, gli usi e costumi del territorio, vedere le testimonianze artistiche, entrare in contatto con le tradizioni della religiosità popolare e gustare i prodotti gastronomici locali.
La prospettiva era molto interessante, anche perché non conoscevo proprio nessuno dei nove luoghi individuati: Calascibetta, Pietraperzia, Riesi, Gela, Mazzarino, Sommatino, Villarosa, Serradifalco, San Cataldo.

Pianificazione
Era opportuno pianificare la visita fissando le date e l’itinerario. Così fu necessario analizzare la provenienza della grande “colonia” siciliana che vive a Bruxelles e dintorni. Guardando i luoghi di nascita e di provenienza , la geografia si è ristretta alle province di Caltanissetta e di Enna e guardando l’organizzazione pastorale, mi dovevo concentrare sulle diocesi di Piazza Armerina e Caltanissetta.
Potevo contare su alcune conoscenze ed amicizie che già avevo con alcuni sacerdoti del posto e presi contatto con i responsabili Migrantes locali: Santino Tornese diacono di Messina e attuale responsabile regionale e p. Filippo Bonasera già responsabile regionale e, attualmente, direttore Migrantes per la diocesi nissena. Contattai anche don Giovanni Tandurella, responsabile Migrantes di Piazza Armerina.
Spontaneamente è emerso l’aspetto più significativo: la relazione con i sacerdoti locali, cioè l’aspetto pastorale che iniziava proprio dall’informare i relativi Vescovi, i parroci e gli operatori pastorali delle parrocchie che avrei visitato.
Qualcuno mi confessò che la mia richiesta aveva suscitato quasi un senso di disturbo: “Ma che vuole, questo? E chi è?”. I sacerdoti hanno già parecchio da fare durante il mese di luglio, soprattutto per i Grest (animazioni estive per i ragazzi) che impegnano molto. Tuttavia, la maggior parte dei sacerdoti che ho contatto per posta elettronica o spedendo una lettera ha risposto positivamente, E non solo: ho verificato che hanno preso a cuore l’iniziativa avvisando le persone emigrate che conoscevano e informando le comunità durante le celebrazioni delle messe.
Non si poteva non comunicare questo appuntamento alle persone originarie e nate nelle nove località scelte e così, a metà giugno, partirono 628 lettere personalizzate inserite nel bollettino di informazione trimestrale “Vita nostra” che informava del tour e della data abbinata alla località. Qualcuno mi ha salutato tenendo in mano questa lettera ricevuta e manifestando interesse e soddisfazione.

Una migliore conoscenza
Senza dubbio è stato un’occasione per fare il punto su questa parte di presenza siciliana a Bruxelles.
Si sono studiate percentuali e i numeri e si è preso conoscenza di come si è sviluppata la situazione sociologica e pastorale di questo grande popolo che è emigrato molti anni fa e che ora vive in Belgio.
Per molti paesi interni della Sicilia, l’emigrazione ha veramente dimezzato il paese.
La chiusura delle miniere di zolfo e di sale fu la causa scatenante. La situazione di povertà e la mancanza di prospettive occupazionali furono gli elementi di fondo.

Verso la fine?

Un senso di impoverimento e di mancanza di futuro lo si respira soprattutto nelle località minori dove c’è pure una presenza sorprendente di numerosi preti e per lo più giovani, ma manca un po’ il respiro e regna una “calma” fisiologica ben visibile nelle diverse decine di anziani, esclusivamente uomini, che sono seduti tutto il giorno in piazza, rincorrendo l’ombra che ripara dal sole. “Vivono tutti di pensione – mi dicono – e quindi il dinamismo di chi si dà da fare per lavorare e promuovere iniziative viene a mancare”. Sono molti di più i funerali che si celebrano nella chiesa che i battesimi o i matrimoni. E questo crea un senso di tramonto e di “fine della storia”. Comprendo che non è facile per un sacerdote di trent’anni mantenere alto l’entusiasmo.
Lo stesso senso può essere percepito anche nelle comunità italiane all’estero dove sono gli anziani e la prima generazione che frequentano le iniziative e i raduni pastorali e le celebrazione, con la sola differenza che i loro giovani sono comunque sul posto, anche se non praticano. In Sicilia, purtroppo, i giovani partono per altrove perché in paese non c’è grande possibilità di futuro.

La durata di un soffio?
Il dinamismo delle parrocchie e delle associazioni e dei comitati delle feste è comunque presente, ma ha la durata di un soffio ed è ripiegato sull’immediato da consumarsi in breve tempo. Quindi la settimana di preparazione o la novena del santo e rispettive serate, riempiono le chiese e la piazza di persone e giovani, ma sempre meno di emigranti, in un rito che si limita al consumo della celebrazione, della pizza, musica, ballo ed in modo abbastanza omologato ovunque: anche le feste sono diventate più povere.
Sono comunque ben visibili le “disponibilità” e le iniziative di almeno 10 anni orsono, dove contributi e risorse economiche hanno permesso, gemellaggi con amministrazioni comunali estere dove vivono i concittadini emigrati, e hanno reso possibile il recupero artistico e restaurativo di splendide chiese e costruzioni storiche: tutto è in ordine e godibile, salvo che il paese e le sue abitazioni sono chiuse e con troppi cartelli “vendesi” inutilmente esposti.

Incontri interessanti
L’ospitalità proverbiale dei siciliani era presente puntualmente. Non solo nel mettere a disposizione quanto fosse necessario, ma anche nel lasciarsi coinvolgere nella visita e nell’incoraggiare il contatto con la comunità riunita in preghiera. Il momento conviviale ha reso possibile l’ascolto e il dialogo che ora si faceva informazione dei componenti familiari all’estero, ora testimonianze del proprio vissuto di emigrante in tempi remoti descrivendo aspetti positivi e altri che furono faticosi, ora auguri per il lavoro che svolgono i missionari all’estero che si prendono cura dei propri concittadini e di tutti gli italiani.
Al parroco e alle persone interessate veniva consegnato l’ultimo “Rapporto italiani nel mondo 2011”, il sesto della serie edito dalla Fondazione Migrantes, gentilmente messo a disposizione dall’IDOS: uno strumento adeguato che descrive in modo attendibile la realtà delle comunità italiane all’estero. Sono stati consegnati 32 Rapporti. In quattro località il dialogo lo si è fatto in modo mirato prendendo il tempo necessario per proiettare numeri e situazioni ed entrare in merito alla emigrazione siciliana che constata il fenomeno ancora attivo coinvolgendo più di 1600 persone, per lo più giovani, che lasciano l’isola ogni anno.

... anche se
Per contro, non ho trovato molte testimonianze del fenomeno “emigrazione”. Solo il “treno-museo” di Villarosa organizzato ed inventato dal bravo David Primo, che dedica all’emigrazione una carrozza del treno-museo collocato alla stazione di Villarosa ed il libro “Il nostro orgoglio: gli emigranti” di Ernesto Riggi di San Cataldo. Poco mi hanno saputo dire ai municipi dove chiedevo informazioni. Dal lato delle parrocchie, alcuni parroci visitarono anni orsono i propri parrocchiani emigrati: erano gli anni ’60 e ’80, il boom dell’emorragia migratoria ed il momento d’oro delle rimesse economiche che permisero un recupero ed uno sviluppo immobiliare delle cittadine.
Oggi le problematiche situazioni ambientali ed economiche costringono le amministrazioni a rincorrere contributi esterni per poter realizzare o ammodernare qualche infrastruttura, ma non ci sono più risorse locali tali da poter programmare sviluppo e benessere alla città.
Nelle diverse celebrazioni presiedute nelle chiese parrocchiali ho potuto pregare insieme a circa 1180 persone, calcolate globalmente. Ho incontrato 34 persone tra parroci, sacerdoti, diaconi, suore e collaboratori parrocchiali. Grazie a 4 addetti alla comunicazione si sono realizzati quattro interventi per giornali e radio.

Il tour ha percorso 1320 chilometri ed è stato documentato da 684 scatti fotografici.
Hanno parlato della visita ai siciliani di Bruxelles:
il settimanale diocesano “Settegiorni dagli Erei al Golfo” diretto da Giuseppe Rabita con un articolo di Carmelo Cosenza. Eugenio Di Francesco, conduttore della trasmissione “buone notizie” su Radio Catena 104 FM. Il numero 2 di “Vita nostra” distribuito a Bruxelles in 5.000 indirizzi e inviato a 680 indirizzo mail. E l’agenzia stampa migrantesonline. Ne parleranno: Gianluca Veneziano su “Agorà” mensile edito a Riesi da un gruppo di studenti. Elena De Pasquale, dell’ufficio Migrantes di Messina, sulla rivista mensile nazionale Migrantipress

Alcune impressioni e considerazioni
che meritano di essere approfondite per delle conferme o per essere completate. Si riferiscono solamente all’esperienza limitata ai 10 giorni vissuti in Sicilia, forzatamente incompleta e smentita da altre realtà regionali e provinciali che presentano situazioni ben diverse e molto ben documentate dalle diverse edizioni del “Rapporto italiani nel mondo” della fondazione Migrantes.

1. Gli emigrati non interessano più!
    a. Rimane una faccenda della famiglia
       i. Resta, anche se sempre più debole, il rendersi visita reciprocamente
       ii. Meno è il grado di parentela e più ci si “dimentica”
       iii. La fatica di andare a salutare i “cugini”
       iv. Morti i genitori viene meno il “dovere” della visita a “casa”

b. Non tornano più in paese
       i. Le piazze “vuote” dei “ça va” belgi, dei tedeschi ecc.
       ii. Pochissime targhe straniere
       iii. E’ cambiata la modalità delle vacanze; si affitta al mare e si dedica un giorno alla “visita parenti”

c. Si è molto più vicini ai compaesani emigrati al nord Italia
       i. Poco considerati da noi missionari all’estero quasi non fossero emigranti
       ii. Le loro Associazioni sono più dinamiche ed interattive
       iii. Rapporti, visite ed interscambi sono più frequenti
       iv. Sostegni economici e sociali più interessanti

2. L’attaccamento alle radici ha dato più problemi che sicurezze
    a. Questioni delle eredità
       i. Relazioni tese o “interrotte” fra parenti

    b. Gestione complicata dei beni immobiliari
       i. Case sistemate per farci le ferie
       ii. Antieconomiche per essere affittate

    c. Inaffidabilità per le “commissioni” delegate “da lontano”
       i. Lavori fatti male
       ii. Non sempre si può contare sui parenti per il mantenimento

    d. Voglia di “vendere”… ma nessuno vuol comprare

3. Per la chiesa locale non sono più loro figli
    a. La giornata dell’emigrante ha perso molto mordente. In diverse parrocchie non si celebra neppure la giornata mondiale del migrante la 2a domenica di Gennaio.
    b. Nelle preghiere dei fedeli non c’è quasi mai riferimento a loro
    c. Non si promuovono quasi più visite alle comunità all’estero
    d. Non esiste una premura per gli emigrati nell’informazione locale.
    e. Per le celebrazioni dei sacramenti è condiviso tra parroci e missionari all’estero, solo l’aspetto amministrativo e “formale”

4. Per la società civile è diventato un problema molto secondario
    a. Finite le “provvidenze regionali” ed i fondi per gli emigrati sono termini gli interessi e le iniziative come:
       i. Colonie estive
       ii. Scambi culturali
       iii. Gemellaggi
       iv. Sostegni ad iniziative per gli emigrati
       v. Viaggi della memoria

    b. Interesse per le imposte fiscali
    c. Interesse elettorale
    d. Poca incidenza sulle vicende locali

5. I rientrati “invisibili
    a. Conoscono sempre meno persone
    b. Faticano ad adattarsi alla vita sociale
    c. Tra nostalgie e rimpianti

6. Le nuove mobilità
    a. Esperienze individuali
    b. Scarso supporto di solidarietà civile
    c. Inesistente sostegno pastorale

E per finire:
1. Perché non esistono “musei” dell’emigrazione?
    a. Spesso “la memoria” resta affidata all’iniziativa privata di qualche appassionato
    b. A volte sono partite iniziative sponsorizzate da contributi, ma resta la fatica di mantenerle in vita.
2. Perché non si sono fatti “racconti” del fenomeno migratorio?
3. Ho l’impressione che si continuerà a non inviare missionari italiani in emigrazione a servizio temporaneo delle diocesi che hanno accolto i nostri italiani di Sicilia, pur continuando a mantenere un buon numero di preti in comunità parrocchiali dimezzate dall’emigrazione.

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