UNITA' D'ITALIA E MIGRAZIONI

L'unità d'Italia la si è costruita anche all'estero e i protagonisti furono gli stessi italiani espatriati.
Non si possono ricordare i 150 anni di storia di un’Italia unita dimenticando come questa storia è strettamente connessa a una storia di migrazioni. Dal 1861 ad oggi oltre 60 milioni di italiani, un’altra Italia, è stata costretta a lasciare la propria casa, la propria città per cercare lavoro, sicurezza, salute in un altro Paese del mondo. Metà degli emigrati italiani sceglierà un altro Paese europeo (Germania, Svizzera, Belgio e Francia in particolare); l’altra metà sceglierà le Americhe (in particolare gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, il Brasile, il Venezuela).

Nel 1861 gli emigranti sono poche migliaia, ma diventano già, mediamente, 130/135.000 ogni anno negli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento. Nell’ultimo decennio dell’ ‘800 e nel primo decennio del ‘900 gli emigranti diventano mediamente 450.000 all’anno, fino a raggiungere oltre 800.000 negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. E’ il periodo della ‘Grande emigrazione’, che muoverà dall’Italia verso l’Europa e il mondo oltre 9 milioni di italiani. L’emigrazione unisce l’Italia, soprattutto l’Italia dei poveri braccianti agricoli, per lo più analfabeti, della Lombardia, del Veneto, del Friuli prima e poi della Sicilia, della Campania e della Calabria, che non vedono riconosciuto il loro diritto alla terra e al giusto salario. Nel periodo tra le due guerre, l’emigrazione ha un rallentamento sia per la chiusura delle frontiere, ma anche per la politica antiemigratoria del fascismo. A partire saranno soprattutto nuclei familiari che raggiungeranno parenti in Europa e nelle Americhe e minori di 14 anni. Dopo la seconda guerra mondiale inizia una nuova fase dell’emigrazione italiana che dura fino agli anni ’80 e che ha due caratteristiche: una migrazione interna, dal sud verso il Nord Italia, con la nascita di quartieri periferici nelle grandi metropoli (Milano, Torino, Bologna, Brescia, Genova) con una situazione di degrado (chiamate ‘coree’); e una migrazione verso l’Europa, soprattutto di operai. Il simbolo del dramma di questa emigrazione è la tragedia belga di Marcinelle, dove l’8 agosto 1956 muoiono 262 minatori, di cui 136 erano italiani, nel crollo delle gallerie della miniera del Bois du Cazier. Negli anni ’80 l’emigrazione italiana, che continua con la caratteristica che a emigrare sono gli universitari e i professionisti, lascia il posto all’immigrazione che da un numero di 350.000 persone a fine anni ’80 raggiunge oltre 5 milioni di persone nel 2010. L’Italia dei poveri emigranti lascia il posto al mondo dei poveri immigrati di 198 nazionalità diverse, anche se oltre la metà sono europei. Emigrazione e immigrazione sono due volti che si sono alternati in questi 150 anni della nostra storia italiana. Sono due volti che richiamano come la mobilità caratterizza la storia e le stagioni della vita delle persone e dei popoli in tempi diversi: negli anni ’80 gli italiani erano ancora il primo Paese in Europa per numero di emigranti (oltre 1 milione); oggi con oltre 2 milioni sono al primo posto i rumeni. Emigrazione e immigrazione hanno insegnato e insegnano al nostro Paese il valore dell’accoglienza, della differenza, della qualità delle relazioni, del riconoscere in ognuno dignità e libertà. Le migrazioni hanno reso l’Italia più unita, anche più ecumenica e capace di dialogo. L’Europa che è nata in questi 150 anni di Italia unita è anche il frutto di una conoscenza e uno scambio cresciuto nelle migrazioni, che ha avvicinato le persone, ha creato scambi, ha costruito nuove famiglie. Ogni forma di chiusura, di rifiuto, di disprezzo, di discriminazione tradisce l’unità d’Italia costruita in 150 anni da uomini diversi – da vescovi come Bonomelli e Scalabrini, a santi religiosi come Vincenzo Pallotti e Giovanni Bosco, a religiose come Santa Francesca Cabrini a politici come i liberali Della Volpe, Jacini, i socialisti Bissolati e Ferri o il democristiano De Gasperi – ma tutti consapevoli che solo una democrazia costruita sull’egualitarismo e una cittadinanza diffusa, nel rispetto dei diritti e dei doveri proietta l’Italia nel futuro.
Una nota di mons. Giancarlo Perego, Direttore della Fondazione Migrantes

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