NON SOLO MIMOSE, NON SOLO PER UN GIORNO!

8 Marzo : GIORNATA DELLA DONNA, NON SOLO MIMOSE, NON SOLO PER UN GIORNO !

100 anni fa 149 operaie tra cui tante donne italiane morivano bruciate vive in una fabbrica di camicie a New York. A ricordo di questa tragedia – dopo lunghissimei discussioni - fu istituita la Giornata mondiale della Donna. Considerando questo, più che giornata di festa, quando tanti uomini regalano fiori di mimosa alle donne, colleghe o collaboratrici, l’8 marzo potrebbe essere un’occasione per riflettere seriamente sul ruolo (naturale o attribuito) delle donne nella società degli uomini.
Recentemente mi ha molto colpita la manifestazione del 13 febbraio scorso: una manifestazione di protesta organizzata dalle donne, attraverso internet e social networks ma senza ‘colorazione politica’ specifica (invito a portare una sciarpa bianca).  Il titolo della mobilitazione nazionale:“Se non ora, quando ? ”.
Un milione di manifestanti solo in Italia. Tantissime le donne, ma anche uomini e famiglie.
A Roma, in piazza del Popolo gremita di persone si sono espresse donne esponenti del mondo dello spettacolo, della cultura, giornaliste e politiche. Oltre 230 altre città in Italia e più di 50 in tutto il mondo dove le Italiane hanno manifestato come a Bruxelles (davanti alla Bourse), a Ginevra, Parigi, Londra...
Tra le donne che si sono espresse a Roma, c’era suor Eugenia Bonetti, da più di 17 anni in prima linea contro la tratta degli esseri umani, che ha lanciato questo appello : “ A nome loro e nostro, che ci sentiamo sorelle e madri di queste vittime, diciamo basta a questo indegno e vergognoso mercato della donna
“Sono qui per dare voce a chi non ha voce, alle nuove schiave, vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale, per lanciare un forte appello affinchè sia riconosciuta la loro dignità e ripristinata la loro vera immagine di donne, artefici della propria vita e del proprio futuro”.
Suor Bonetti è infatti responsabile dell’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Unione delle Superiore Maggiori d’Italia, creato in occasione del Grande Giubileo del 2000 e che coordina il servizio di 250 suore appartenenti a 75 congregazioni, impegnate in Italia in 110 progetti, spesso in collaborazione con la Caritas o altri enti pubblici o privati, insieme a volontari e associazioni.
”Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte a quanto accade in Italia nei confronti del mondo femminile”. Infatti, l’immagine veicolata oggi del corpo della donna tende a ridurlo a “oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno, misconoscendo invece l'essenziale che lo stesso corpo umano racchiude: una bellezza infinita e profonda da scoprire, rispettare, apprezzare e valorizzare”. Attualmente in Italia, tanto ci porta “a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per ciò che è veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare”.
“In questi ultimi tempi – ha continuato – si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti. Abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, pensando di aver risolto il problema, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante dei programmi e notizie televisive, della cultura del vivere quotidiano e proposta a tutti, compresi quei bambini che volevamo e pensavamo di tutelare”.
“Tutto questo purtroppo – ha sottolineato – educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono modelli da imitare e mete da raggiungere”.
“La donna è diventata solo una merce che si può comperare, consumare per poi liberarsene come un qualsiasi oggetto 'usa e getta' – ha aggiunto suor Bonetti –. Troppo spesso la donna è considerata solo per la bellezza e l’aspetto esterno del suo corpo e non invece per la ricchezza dei suoi valori veri di intelligenza e di bellezza interiore per la sua capacità di accoglienza, intuizione, donazione e servizio, per la sua genialità nel trasmettere l’amore, la pace e l’armonia, nonché nel dare e far crescere la vita”.
Per questo, ha concluso, è giunto il momento perché ognuno dia il proprio contributo e per questo “come religiose rivolgiamo un forte appello alle autorità civili e religiose, al mondo maschile e maschilista che non si mette in discussione, alle agenzie di informazione e formazione, alla scuola, alle parrocchie, ai gruppi giovanili, alle famiglie e in modo particolare alle donne affinché insieme possiamo riappropriarci di quei valori e significati sui quali si basa il bene comune per una convivenza degna di persone umane, per una società più giusta e più libera, con la speranza di un futuro di pace e armonia dove la dignità di ogni persona è considerato il primo bene da riconoscere, sviluppare, tutelare e custodire”.
Vorrei anche riferirvi le parole espresse da un uomo. Sono sorprendenti per la forza di verità che comportano.
Infatti, alla vigilia della manifestazione Marco Tarquinio, direttore del quotidiano dei Vescovi italiani, “Avvenire”, aveva firmato un editoriale affermando: “ebbene sì, se io fossi una donna domenica sarei in piazza. Non per politichetta, ma per amore. E per ribellione del cuore e della mente, da credente e da persona libera”.
“Ci sarei – aveva scritto – con la speranza di ascoltare voci chiare e consapevoli e accenti nuovi e autocritici su una battaglia per la parità uomo-donna che ha dato frutti importanti e dolci, ma anche agri, e che soprattutto – per vederlo basta avere gli occhi – ha paradossalmente prodotto e radicato nella testa di tanta gente d’Italia anche una vasta, sventata e triste 'pari opportunità' dell’involgarimento, della libertà declinata sino allo sciupìo di sé. Il peggio dei sogni al maschile trasformato in realtà”.
“Sarei in piazza, in quella piazza – continuava –, per ribellarmi non solo e non tanto al reato ancora da provare in giudizio di un uomo potente e, come lui stesso dice di sé, 'qualche volta peccatore', ma alla réclame dell’escortismo che è certa ed è provata e che sta appestando i giornali e ci appesta la vita”.
“Ci sarei – aggiungeva – per protestare contro la cartellonistica cialtrona che infesta le vie delle nostre città e contro la televisione sconciata e scosciata del velinismo e dei reality guardoni”.
“Se fossi donna – sottolineava il direttore di 'Avvenire' –, andrei in piazza fra altre donne per chiedermi – e chiedere ad alta voce – che cosa abbiamo insegnato a quelle tante nostre figlie pronte a considerare la vendita di sé un investimento come un altro – perché un errore terribile c’è stato se siamo arrivati sino a qui, e non è solo di queste ragazze belle e confuse, determinate e senza bussola, figlie di madri liberate o fatte sole, di padri assenti o espulsi, di famiglie provvisorie e risolte, come un problema d’aritmetica o un lampeggiante desiderio”.
Già, dove sono le donne rispettate e protette dal marito o compagno perché a loro sono state ‘affiancate’ come tali dal Creatore ( “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio dare un aiuto che gli sia simile” - Gen 2,18 ) ? Dov’è il rispetto dovuto alla donna semplicemente perché suo è il compito di concepire, portare, dare e far crescere la vita?
Se in seno alle famiglie le donne fossero davvero rispettate, le bambine ne trarrebbero di riflesso un vero rispetto per se stesse e per il proprio corpo e quindi avendo acquisito in modo esemplare e naturale il senso della propria identità e del proprio valore, non potrebbero più cedere alle lusinghe facili e alle vane glorie. Anche per i maschietti il comportamento rispettoso del padre nei confronti della madre sarebbe un eccellente insegnamento per la vita.
E, sempre nelle famiglie, che esempio ricevono i nostri ragazzi se il valore più importante della vita è quello della riuscita sociale, del guadagno facile ( e poco importa come), delle conoscenze altolocate...?
E se, nel nome della libertà e del cosidetto ‘rispetto delle scelte’, le famiglie non trasmetto più ai figli la ricchezza della fede e delle tradizioni, quali saranno le fondamenta su cui essi costruiranno la propria vita?
Concludero’ cosi’ :
Alle donne che ogni giorno dell’anno in ogni parte del mondo urlano in silenzio, a quelle che non possono vivere la propria femminilità, alle donne che dedicano la loro vita alla famiglia e alla cura degli altri, a quelle che sono intrappolate dai preconcetti e dalle ipocrisie. Che nulla possa mai impedirvi di essere libere di pensare e di provare le vostre emozioni. Non arrendetevi mai !
(rn)

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