VICINANZA E IMMERSIONE

Una giornata per gli operatori pastorali in contesto migratorio.


La Pro migrantibus, ufficio della conferenza episcopale belga, ha organizzato l’appuntamento annuale di formazione per gli operatori pastorali in contesto migratorio. Più di 60 persone hanno partecipato ritrovandosi alla sala della parrocchia Notre Dame Immaculée.
Un’edizione particolare è stata proposta per il 2010: è stato scelto il territorio come soggetto di formazione ed informazione. L’intento era quello di farsi “vicino” alle situazioni e ai servizi esistenti e “immergersi” nel contesto, ascoltando ed interagendo con coloro ch ci accoglievano e illustravano le loro attività.
Il saluto del vescovo Mgr. L. Van Looy, incaricato delle migrazioni, ci è stato rivolto da MarK Butaye, segretario generale della Pro Migrantibus.
Jan Claes, parroco di notre Dame immaculée et doyen ha intervistato Mr. UWAMAHORO che ci ha raccontato il suo percorso di rifugiato politico, migrante e “diverso” che, superando ogni difficoltà, è riuscito a formare una famiglia e ad entrare in pieno nel tessuto lavorativo e ecclesiale

L’organizzazione della giornata ha costruito tre percorsi di visita che i partecipanti hanno potuto percorrere. Divisi in tre gruppi, uno si comunicava in fiammingo e gli altri due in francese, si è partiti per incontrare sul posto le persone animatrici e testimoni.

Ci si è avvicinati a tre aspetti fondamentali per i migranti:
1. L’accoglienza. Visitiamo il “petit Chateau”, Foyer Molenbeek, il Centro El Kalima per cogliere quanto si fa per l’accoglienza di chi arriva e comprendere difficoltà, iniziative e risorse investite sull’aspetto iniziale fondamentale che indica la qualità di vita e di umanità di una società.
2. L’integrazione. Per comprendere gli sforzi messi in campo per facilitare l’incontro e l’inserimento in ogni ambito della vita sociale, culturale ed economica. I molteplici aspetti dall’alloggio, alla scuola, dall’assistenza sanitaria all’occupazione lavorativa, dalla solidarietà culturale del gruppo etnico al dialogo che intercorre con gli altri si sono visitati: l’associazione brasiliana-belga Abraço presso la chiesa Jésus travailleur nel comune di Saint-Gilles, l’Associazione portoghese Emmaus a Ixelles e Caritas Europa
3. La difesa dei diritti. Il punto che è più legato all’emergenza e spesso richiama le tensioni che nascono da disperazione di chi fugge e cerca soluzioni per la sopravvivenza e chi è attento alla sicurezza e a una gestione dei flussi. Così si sono incontrati gli addetti al Centro di detenzione all’aeroporto di Zaventem, il Jesuit Refugee Center e gli animatori dell’UDEP che coordinano i “sans papier” e sono stati protagonisti del fenomeno dell’occupazione delle chiese.
Si muovono molte iniziative attorno ai migranti. L’intrecciarsi dell’azione pubblica, istituzionale, delle associazioni, e della chiesa promuovono assistenza, ascolto e accompagnamento per risolvere i bisogni primari dell’inizio e per consolidare il cammino di inserimento e di normalità di vita di cui ogni persone e ogni famiglia ha bisogno.
Di qualità è stato il dialogo spontaneo e cordiale fra gli operatori che formavano il gruppo itinerante. Anche il pranzo frugale tipo pic-nic consumato nelle varie strutture disponibili ha facilitato il clima di amicizia e di stima reciproca.
Forse nulla di nuovo per chi ci lavora da diversi anni, ma il contatto fisico e il conoscere sul posto ambienti e modalità dello svolgimento dei molteplici servizi permette di avere un’idea più realistica di quante risorse richiede questo ambito importante e significativo della società.
Il lavoro più importante lo si svolge sul territorio che è l’ambito più sensibile per una convivenza umana rispettosa e di qualità. I CPAS, Le chiese, le associazioni, le parrocchie, i centri sociali e culturali diventano opportunità per incontrarsi e per far crescere collaborazioni, dialogo e scoperta delle diversità dell’altro che saranno sempre meno minacciose se cresce la prossimità, l’incontro e la volontà di fare insieme quanto è riconosciuto come positivo da entrambi.
Anche il conoscere il lavoro di altri, aiuta e sostiene la rete di un interazione efficace e diversificata.
Ai molteplici bisogni si risponde con proposte complementari dove agenzie diverse assicurano momenti specifici e corrispondenti.
La pastorale, assicura soprattutto una presenza accanto al migrante fatta di cordialità, ascolto, solidarietà dove, insieme, si impara a camminare creando spazio ad iniziative ed interventi che si costruiscono secondo le esigenze ed i bisogni delle persone.
Sarebbe utile conoscere meglio le tradizioni cristiane diverse che ogni gruppo cristiano porta con affetto e forza in ogni paese straniero dove emigra. Riti, culti e tradizioni religiose, devozioni, simboli e canti sono stimolanti e belli da scoprire e rispettare. La religiosità popolare è il milieu dove respirano le famiglie dei migranti e dove viene trasmessa l’educazione generazionale.
Il lavoro della pastorale diviene qualificato nella misura in cui ci si riferisce alla comune dignità che nasce dalla fede in Gesù Cristo e dall’essere battezzati. Qui si ritrova la base della fraternità e della certezza che “Nessuno è straniero nella Chiesa”. A volte rischiamo di affrontare il fenomeno migratorio solo dall’aspetto sociale e di integrazione, che non è il nostro ambito specifico: non siamo agenti di integrazione, ma annunciatori di una Buona notizia e portatori dell’amore di Dio e di Gesù Cristo attraverso i suoi sacramenti. E su questo punto c’è sempre troppo da lavorare, visto che l’emigrazione non ha mai aiutato la crescita una fede cristiana professata e praticata.

Non sarebbe male se prossimamente si camminasse anche sui percorsi di comunione e di interazione che si realizza fra le diverse comunità cristiane che compongono la nostra chiesa che vive in Belgio. Fra strutture e spontaneità, in una situazione di forte secolarizzazione e di ritrovata vitalità grazie alle componenti di origine straniera, forse impariamo anche un nuovo linguaggio maggiormente attento alla realtà di fede cristiana che ci fa riconoscere per la comunione e per la scelta di diventare e vivere da “stranieri”in cammino verso la “patria” dei cieli in attesa dell’incontro “faccia faccia” con Dio.

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