ECUMENISMO SETTIMA PER L'UNITA'

Si conclude domani, lunedi 25 gennaio, la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

In ogni parte del mondo, si prova a trovarsi insieme, protestanti, anglicani, cattolici e ortodossi per prendere coscienza ancor di più dello scandalo della divisione. Pregare insieme significa incontrarsi, riconoscersi, stimarsi e camminare verso la stessa direzione della piena comunione.
Giovedì scorso, qui a Bruxelles, alla chiesa ortodossa della Santa Trinità in rue Léon Lepage 33 si è tenuta una veglia ecumenica di preghiera. La chiesa era veramente piccola per la grande folla che vi ha partecipato. Il canto dei vespri, le letture della parola fatta da diversi rappresentanti delle chiese cristiane, la riflessione proposta dal vescovo Mons. De Kesel, ha riempito di fede e devozione questo bel tempio spendente di luce e di icone dorate deposte sulla iconostasi magnifica.
Per quanto riguarda l’Italia, la fondazione migrantes ha sottolineato l’ecumenismo quotidiano che le comunità migranti vivono ogni giorno, con semplicità.

I 700 Centri pastorali per gli immigrati cattolici in Italia, le numerose Missioni italiane in Europa e nel mondo con oltre 500 missionari, la presenza di oltre 2000 sacerdoti stranieri inseriti nella pastorale ordinaria nelle nostre parrocchie e comunità, aiutano le varie chiese ad essere un ‘laboratorio’ di ‘esercizio dell’ecumenismo’ – come ci ricorda il Concilio Vaticano II nel secondo capitolo del decreto Unitatis redintegratio - in cui sperimentare anche momenti di dialogo ecumenico, ricchi di una lingua e di un’esperienza che può facilitare incontri e dibattiti. La preghiera della settimana ecumenica in un mondo di mobilità, non ha avuto bisogno di guardare lontano per trovare il suo significato e valore: basta guardare in casa, in parrocchia, al quartiere e alla città per ritrovare i volti e le esperienze di un cristianesimo chiamato a rinnovare la sua storia di comunione”.
“La settimana ecumenica – ha detto mons. Perego direttore generale di Migrantes -, nelle nostre comunità può diventare un’occasione ulteriore per momenti di preghiera e di incontro che aiutino una comunità a valorizzare la ricchezza di presenze cristiane, nella consapevolezza di costruire insieme, anche nella parrocchia oltre che nella città, una comunione e un’unità, superando divisioni ed esclusioni”. La settimana di preghiera aiuta anche a “respirare come cristiani ‘a due polmoni’ – come amava dire Giovanni Paolo II – con l’incontro tra la tradizione cristiana orientale – di cui sono ricchi soprattutto i migranti provenienti dall’Est europeo – e la tradizione cristiana occidentale.

“L’immigrazione in Italia ha portato anche ad incontrare l’esperienza di fede di cristiani provenienti da oltre 190 Paesi del mondo”. Degli oltre 4 milioni di immigrati, 2.011.000 sono cristiani, di cui 1.105.000 (28,4%) ortodossi, soprattutto provenienti dalla Romania, 739.000 cattolici (19%), 121.000 protestanti (3,1%) e 46.000 (1,2%) altri cristiani. In 12 regioni d’Italia il numero degli immigrati di fede e di tradizione cristiana sono la maggioranza, con percentuali che raggiungono il 67% nel Lazio e l’80% in Sardegna. Le regioni in cui i fratelli ortodossi sono percentualmente più presenti sono, con oltre il 30%, la Calabria, la Basilicata, la Campania, il Friuli, il Lazio, il Molise, il Piemonte, Umbria e Veneto. Questa dispersione territoriale dipende in larga misura dall’insediamento di due collettività numerose a maggioranza ortodossa: rumena e ucraina. I cattolici sono la metà del totale dei cristiani in Sardegna, il 30% in Liguria e oltre il 20% in Lombardia, nel Lazio e nel Molise.

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