Marcinelle dal ricordo all'impegno

Il ricordo della tragedia di Marcinelle avvenuto puntualmente il giorno 8 agosto 2009 urla, ancora oggi, “giustizia” per tutti i migranti.
Le tragedie legate al mondo del lavoro e soprattutto alla realtà migratoria sono luce tagliente perché impariamo ad avvicinarci a questa vita di uomini e donne, in punta di piedi e rispettosi dei sacrifici e della solidità esistenziale di così innumerevoli esistenze che migrano.
Le esigenze primarie della vita umana donano coraggio e forza a coloro che vogliono in qualsiasi modo provvedere in modo adeguato al proprio progetto di vita e alla sicurezza della vita propria e dei propri familiari. Moltissimi italiani raggiunsero le nazioni d’Europa in modo clandestino, irregolare, molti altri fecero documenti falsi, restando spesso vittime di approfittatori senza scrupoli, pur di trovare una soluzione alla fame, alla sicurezza e ad un futuro che fosse accettabile.
Allora, come oggi, molti elementi della Chiesa hanno risposto prontamente, condividendo fatiche e rischi con i migranti che partivano. Non poteva e non può mancare il segno della benedizione di Dio su questa fatica umana, perché dove c’è impegno per una liberazione, per una esistenza più degna, per un lavoro che allievi e tolga la disperazione umana, lì c’è in azione la forza dello Spirito.
Allora come oggi, le chiese locali, in diverse situazioni, si attivarono per accogliere in Svizzera, Francia, Germania, America e altrove, i 16 milioni di Italiani che partirono dalle proprie terre. Ma in moltissimi altri casi, restarono paralizzate dalle paure, dalla non convenienza, dal sentimento populista che agitava sentimenti allarmistici e razzisti contro chi arrivava a “rubare” lavoro e a “perturbare” la sicurezza.
Partirono moltissimi missionari che si fecero emigranti con i migranti e ancora oggi sono diverse centinaia che accompagnano pastoralmente le comunità migranti nelle chiese locali, cercando di mantenere desta l’attenzione su questo “segno dei tempi” provvidenziale, che sono le migrazioni.
La chiesa di Bergamo mantiene ancora 10 sacerdoti diocesani in questo contesto migratorio fra gli italiani nel mondo ed è encomiabile di questa missionarietà che resta “particolarmente” autentica perche è invisibile e se ne parla troppo poco, quasi fosse relegata al passato, pressoché “residuale”.
Meno male che esistono ancora “vecchi leoni” appassionati degli emigranti che hanno la libertà di denunciare posizioni e leggi ingiuste che “perseguitano” i migranti. Meno male che dalla nostra chiesa e dalle associazioni cattoliche si levano voci di protesta a chiedere la cancellazione della legge di “reato di clandestinità”.
E’ ora di mobilitarci perché i migranti possano vivere con tutte le carte in regola, perché la burocrazia e la mala-organizzazione non li offenda più con tempi estenuanti che non permettono risposte adeguate ad esigenze e a volontà di agire correttamente.
Non si strumentalizzino gli emigranti italiani definendoli “santi” lavoratori per offendere milioni di migranti che, come gli italiani emigranti, lavorano, stanno in silenzio, sono ricattati da benpensanti e approfittatori che li sfruttano, e sono “incoscientemente” definiti criminali perché non gli si è dato un certificato: la persona, qualsiasi persona, vale infinitamente di più di un certificato perché la sua identità non gliela dà nessuno, la porta impressa nella sua esistenza. Per questo va rispettata, accolta, aiutata, messa in grado di partecipare alla vita sociale, civile, religiosa.
Forse le “intimidazioni” ci faranno svegliare per togliere la fiducia a chi sta seminando sospetto, delazione, odio contro chi è diverso.
Un tempo si trovò il coraggio di nascondere gli Ebrei perché erano considerati “irregolari” non degni di una società sviluppata e vincente, oggi sono gli stranieri, gli immigrati irregolari ad essere considerati inconvenienti e “clandestini”. Era un gesto di carità eroica “nasconderli” per evitar loro il campo di concentramento e la morte. C’erano anche allora, coloro che stavano dalla parte sbagliata ed erano delatori. Ma non mancavano gli “uomini giusti” che affrontavano e gestivano bene anche le arroganti “ronde” che “perquisivano” soffitte, cantine, grotte, conventi, canoniche alla ricerca degli “sconvenienti” da consegnare all’espulsione. Abbiamo avuto ottimi sacerdoti, vescovi e laici, che hanno pagato caro la loro fedeltà alla dignità della persona umana. Non mancheranno neppure oggi!

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