IO MI SBATTEZZO

Tema caldissimo quello della laicità dopo la sentenza della Corte dei diritti umani di Strasburgo che ha chiesto all’Italia di togliere i crocifissi dagli ambienti pubblici e statali. In Italia si è celebratala seconda giornata nazionale dello “sbattezzo”. Laicità e “uscita dalla Chiesa”. Azioni che interpellano. Sintomi di un profondo malessere. E Dio in tutto questo?
L’anno scorso furono più di mille. Quest’anno hanno fatto il bis. Sono gli sbattezzandi d’Italia, che domenica 25 ottobre scorso hanno collocato punti di informazione in diverse piazze d’Italia. L’obiettivo: rivendicare la laicità come affrancamento da ogni religione. In concreto, invitare quanti non si sentono cattolici a scrivere una lettera raccomandata al Parroco dove si è stati battezzati esigendo una risposta e l’uscita da ogni registro della Chiesa cattolica, sia parrocchiale che diocesano. Se da una parte è stato riconosciuto impossibile togliere un atto compiuto, l’autorità giudiziaria ha ammesso che il parroco è tenuto a scrivere sul registro del battesimo, l’atto formale della dichiarazione di “sbattezzo”. Chiedono la cancellazione degli effetti civili del battesimo, il riconoscimento del diritto, stabilito dal Garante per la privacy, di non essere più considerati dallo Stato “sudditi” della Chiesa cattolica.

Il fenomeno dello sbattezzo è in crescita anche se presenta ancora dei numeri molto piccoli: si contano circa 1800 a seguito della giornata dello sbattezzo del 2008. Si parla di 200 sbattezzati, nella diocesi di Milano nei primi 6 mesi del 2009. Ma è soprattutto la militanza che sta arrivando anche in Italiana dopo che, da anni, esiste nel nord Europa che pone un interrogativo non trascurabile alle diverse chiese.

La forza della laicità la si sente molto in Belgio e nei paesi del nord, dove è presente con efficacia una organizzazione capillare e potente attorno alla bandiera della laicità: ore di trasmissione in Televisione e Radio, una rete organizzata in quasi tutti i grossi comuni di “Maison de laicité”, vere scuole di formazione e di assistenza per i funerali laici, per matrimoni laici, per accompagnamento e divantar padrino, istruzione, documentazione, corsi di morale laica, feste della gioventù laica, promozione nelle scuole dell’insegnamento “neutrale”.
Lo “sbattezzo” non è il solo obiettivo della battaglia condotta dallo UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti che è l’associazione nazionale che rappresenta le ragioni dei cittadini atei e agnostici, iscritta al registro nazionale delle Associazioni di promozione sociale. La loro militanza chiede che venga rimosso ogni segno e simbolo dagli edifici pubblici e dalle scuole, il crocifisso ad esempio, e che nell’insegnamento vengano inseriti, ore alternative all’insegnamento della religione.
Il 2009 è un anno significativo per gli organizzatori perché sono dieci anni della sentenza che ha obbligato la chiesa cattolica, dopo anni di battaglia legale, a notare in margine del registro di battesimo che il soggetto si considerava non più cattolico. Un dibattito posto molti anni orsono dai testimoni di Geova e non mai risolto.
“Bisognerebbe rendere più facile l’uscita per quanti non vogliono più far parte della comunità cattolica” afferma Adele Orioli, responsabile degli atti legali dell’Uaar che ritiene “incostituzionale” il battesimo dei bambini.
Luisa Buono, siciliana, anestesista e militante, una pensionata di sessant’anni, non riesce a farsi sbattezzare perché non conosce la parrocchia dove ha ricevuto il primo sacramento dei cristiani. Sente il battesimo come una ingiustizia perché gli hanno imposto una etichetta che non sente propria.
Molti omosessuali hanno iniziato questa procedura perché si sentono esclusi dalla Chiesa e, per loro sta bene esserne esclusi, anzi e lo richiedono: basta che la chiesa lo ratifichi.
In emigrazione, soprattutto in Svizzera e Germania, si conosce bene il fenomeno chiamato “uscita dalla chiesa” con i risvolti pastorali e canonici che molti parroci o vescovi richiedono ai colleghi in Italia. Forse molti operatori pastorali sono pronti a giustificarle perché si ritengono “furbate” per non pagare le tasse, mentre disturbano queste iniziative militanti perché gli aderenti scelgono di compiere gesti consapevoli e responsabili di “apostasia” come la chiesa li definisce.
La pratica pastorale nei paesi germanici prevede funzioni e riti per una eventuale riammissione ai sacramenti, nei primi tempi di persecuzioni, grande era il dibattito nella chiesa per le riammissioni degli “apostati”.
Senza dubbio è una realtà con la quale i cristiani e i credenti nelle religioni dovranno sempre più fare i conti perché li obbliga a digerire la dimensione di minoranza e dell’Insignificanza sociale.
Di certo è che la “non pratica” e l’indifferenza religiosa non può lasciare tranquilli i preti nel continuare ad amministrare “servizi religiosi” in un ruolo comodo e retribuito demandando il tutto alla comprensione grande dell’Onnipotente.

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